Vangelo di Luca 10,1-20
“Vi mando come agnelli in mezzo a lupi”
Cari fratelli e sorelle,
oggi il Vangelo ci presenta una delle pagine più toccanti dell’evangelista Luca: la missione dei settantadue discepoli. È un passo che parla al cuore della Chiesa, al cuore di ciascuno di noi, soprattutto in questo tempo in cui il mondo appare sempre più lacerato, diviso, e – diciamolo con onestà – svuotato della presenza viva di Dio.
Gesù manda i suoi discepoli “a due a due”, come segno che il Vangelo non si porta mai da soli. La fede è sempre una questione di comunità, di comunione, di fraternità. E manda settantadue, un numero che richiama le nazioni della terra secondo la tradizione ebraica: è una missione universale, aperta, senza confini.
Ma le parole che più colpiscono sono queste:
“Vi mando come agnelli in mezzo a lupi”.
Non è un invito alla rassegnazione o alla debolezza, ma una chiamata alla fiducia. Gesù non ci manda nel mondo con la forza delle armi o con il potere della violenza, ma con la debolezza disarmata dell’amore, con la pace nel cuore, con la forza mite della preghiera.
E qui, fratelli, non possiamo non pensare al nostro mondo di oggi. Un mondo in cui ogni giorno si aprono nuove guerre, conflitti che sembrano non finire mai, e dietro ciascuno c’è sempre la stessa radice: l’orgoglio dell’uomo che si è dimenticato di Dio. Un mondo che si svuota di Dio è un mondo che si riempie di sé stesso – di egoismo, di competizione, di potere. E così si smarrisce, si divide, si ferisce.
Gesù però ci offre una via diversa. Dice:
“Pregate il Signore della messe”.
Non si parte mai in missione senza prima essere immersi nella preghiera. Non possiamo portare Dio agli altri se non siamo prima abitati da Lui. La preghiera non è una fuga dal mondo, ma è l’unico modo per trasformarlo. Solo chi è in contatto profondo con il Signore riesce a portare pace là dove c’è odio, speranza là dove c’è disperazione.
E quando i discepoli tornano pieni di entusiasmo, perché anche i demòni si sottomettono, Gesù li corregge con tenerezza:
“Non rallegratevi perché i demòni si sottomettono a voi, ma perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”.
La vera gioia non è il successo delle nostre opere, ma il sapere che apparteniamo a Dio. Non ciò che facciamo, ma ciò che siamo in Lui.
Fratelli e sorelle, oggi più che mai il mondo ha bisogno di testimoni. Non di cristiani perfetti, ma di uomini e donne che portino la pace, che camminino leggeri – “senza borsa né sandali” – perché la loro ricchezza è Cristo. Che vivano in modo semplice, ma con una forza che solo la preghiera può dare.
In mezzo a questo mondo ferito, il Signore ci dice ancora:
“Andate!”
Andate con il cuore pieno di Lui, senza paura, senza secondi fini, senza attaccamenti. E se non sarete accolti, non abbiate rancore. Scuotete la polvere dai piedi, e continuate a dire:
“Il Regno di Dio è vicino”.
Perché Dio non è lontano. È qui. È vicino a chi prega. Vicino a chi ama. Vicino a chi, pur sentendosi agnello in mezzo ai lupi, continua a camminare fidandosi di Lui.
Amen.